Peschici - 4 luglio 2002

 

Vi sono momenti, seduto su un tronco divelto in uno squarcio di bosco sperduto tra i colli ai tiepidi raggi di un sole autunnale, o sdraiato a ridosso di un masso appena sotto la cima del monte al riparo dal vento che spazza i crinali, in cui le membra e la mente, vinte dalla fatica dopo tanto errare, si abbandonano ad un dolce oblio e, caduti i confini tra sogno e reale, prendono a lievitare fluttuando, come quel mare giallo e rosso di foglie che tutt’intorno si stende ondeggiando alle lievi carezze dellabrezza ottobrina.

E’ allora che rivedo scorrendo all’indietro, come fotogrammi, l’ultimo rullino dei ricordi con impressi frammenti di vita.
Una grande tavola in una casa su un monte sconosciuto, ritrovo in quei giorni di amici lontani, accenti diversi ora scherzosi ora accesi accomunati dalla stessa passione.
Beccacce fantasma fra bossi e marruche.

Carovane di uomini e cani in viaggio nella tormenta, spinti da una passione che non conosce confini; felici la sera intorno ad una zuppa di verze raccontando di mirabili azioni dei cani, di tiri impossibili ed immancabili padelle, ridendo al pensiero di irsute chiappe fumanti di cinghiali incazzati intenti a lenire, accosciati in un torrente, il bruciore indotto dai pallini dell’amico al suo primo incontro.

Il setter che avventa sul crinale del monte, si fa prudente e si blocca; sembra non finire mai il pendio ed il cuore che scoppia nelle tempie, ecco ci siamo, il respiro profondo a cercare la calma e le forze residue, già tante volte ho perso il confronto; un fremito del cane, un’ombra furtiva appena indovinata radente la cima degli ontani, una stoccata buttata in avanti e poi nulla; scruto attento il vallone aspettando che riappaia lontano, sovrano, ed invece mi giunge il rumore di un battito d’ali ormai senza forze ma che ancor non s’arrende; porta Artù ! Portami il nero, magico fiore del monte, ultimo dono colto per questa stagione.

Lo sguardo attonito del camoscio mi fissa nel turbinio dei fiocchi di neve, cerca una ragione a quel lontano pericolo che con un tuono gli sta rubando la vita.
Fattoooo! Un leggero tremore delle mani tradisce l’emozione dell’amico che raggiante di gioia accarezza, ricomponendo le piume, il suo primo gallo.
Seduti su un masso di un pascolo alpino a rimirare felici un firmamento di stelle dai candidi petali carnosi.

Il brivido fresco della sera incipiente mi desta scorrendo lungo la schiena; i cani stanchi, acciambellati, volgono appena la testa ed incrociando il mio sguardo le code tradiscono un moto d’affetto ritmando sul suolo la gioia. E’ l’ora in cui il sole volge al tramonto e tristemente richiama al ritorno, un’altro giorno è trascorso vagabondando tra aspre cime, boschi odorosi e profondi valloni, attore partecipe e conscio di quell’infinito gioco di vita e di morte chiamato natura.


Lirurus Tetrix

 

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